La bella composizione allegorica in esame, che ritrae una fiera figura femminile dal doppio volto, venne in origine concepita per far parte degli arredi di rappresentanza di un grande palazzo nobiliare, e rappresenta la personificazione della Virtù cardinale della Saggezza (che corrisponde alla Prudenza della teologia cattolica).
Si tratta di una delle quattro virtù che, insieme alla Fortezza, alla Temperanza ed alla Giustizia furono classificate da Platone nel suo Fedro, e poi adottate anche dalla religione cristiana, per racchiudere le Virtù umane principali, equiparate ai pilastri di una vita dedita al bene ed alla rettitudine.
Per gli antichi la Prudenza era considerata la virtù più importante a disposizione dell’uomo e guida di tutte le altre (auriga virtutum): nello specifico è la capacità di discernere, in ogni circostanza, il nostro vero bene e di scegliere i mezzi adeguati per poterlo conseguire.
La rappresentazione iconografica, nel nostro caso, vede una donna dalla fisicità statuaria con due volti come Giano che guardano - saggiamente - in più direzioni allo stesso tempo.
Il primo volto, giovane e quindi allusivo al presente, è rivolto ad uno specchio, che esprime l'esigenza per l'uomo di conoscere sé stesso e di correggere eventuali difetti prima di operare. Il secondo volto è quello di un vecchio, e simboleggia invece l’esperienza passata, senza la quale non si acquisisce la virtù della Prudenza.
Attorno al braccio destro della donna è attorcigliato un serpente, antico simbolo del Tempo che si rinnova ciclicamente e dell'eternità, alludendo quindi alla perenne necessità di esercitare tale virtù.
Il serpente è parimenti simbolo della tentazione che vuole allontanarci dalla via più sicura, richiamando al passo del Vangelo di Matteo “Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe” (Matteo, 10, 16).
L’opera, la cui esecuzione esprime eleganza e potenza allo stesso tempo, è riconducibile a Giacomo Stella (Brescia 1545 - Roma 1630), significativo artista manierista attivo a cavallo tra Cinquecento e Seicento, bresciano di origine ma attivo specialmente a Roma, dove si trasferì in giovane età, sotto i pontificati di Gregorio XIII (1572-1585) e dei successori Sisto V (1585-1590) e Urbano VIII.
Nella città papale entrò in contatto con Girolamo Muziano e Cesare Nebbia, attivi in molti dei principali progetti del tardo XVI secolo commissionati dal papato. Tra questi il più importante è l’affresco di una delle maggiori opere religiose del tempo, la costruzione e decorazione della Cappella Sistina nella Basilica di Santa Maria Maggiore (da non confondere con quella del Vaticano), destinata a diventare cappella funebre per papa Sisto V.
Pittore di grande temperamento e dotato di un bellissimo scatto naturalista, alla sua unica mano si devono sicuramente i grandi affreschi della ‘Resurrezione' e della ‘Creazione di Eva ', alla Scala Santa a Roma.